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La gestione della governance nel processo di internazionalizzazione delle PMI

La questione della struttura della governance rappresenta un nodo di grande rilevanza per tutte le PMI che intendano avviare un percorso di internazionalizzazione sicuro e incisivo.

Come osserva Carlo Russo, manager ed esperto di internazionalizzazione, “uno dei fattori critici delle imprese è la sua stessa struttura di Corporate Governance. Non inserire nel CDA uno o più amministratori autorevoli ed indipendenti, esperti nel gestire la complessità dell’internazionalizzazione stessa, potrebbe mettere a repentaglio tutta l’operazione”.

L’inserimento nella governance di un amministratore preparato in mercati esteri è un fattore di successo fondamentale per la riuscita dell’operazione, poiché consente una maggiore efficienza e rapidità delle decisioni e una pianificazione più precisa e strategicamente orientata, oltre a permettere una verifica costante e puntuale dei risultati e dei suggerimenti in relazione ad eventuali modifiche sulle decisioni assunte.

L’esperto indipendente all’interno del CdA rappresenta anche il fondamentale trait d’union tra paese target e azienda: la sua presenza nell’organo di gestione aziendale comporta un valore aggiunto non solo in termini di esperienza e di competenza, ma anche di conoscenze specialistiche in ordine a legislazione, cultura e burocrazia del paese obiettivo, oltre che della rete di relazioni di cui egli si fa portatore, decisiva nel compito di facilitare il percorso di penetrazione nel nuovo mercato.

Rivestendo un ruolo attivo all’interno del consiglio, l’esperto di internazionalizzazione può supportare la struttura gestoria dell’azienda nello sviluppo di strategie mirate che mettano al riparo da errori e da spreco di risorse, come nel caso di un investimento in paesi poco strategici per il proprio prodotto.

Un assetto del consiglio di amministrazione aperto all’ingresso di competenze specialistiche consente di scongiurare eventuali rischi e perdite di investimento, che possono essere causate dalla tentazione di rivolgersi a profili presenti in azienda, privi della necessaria preparazione al compito.

Una proficua sinergia tra la governance interna e la figura del consulente per l’internazionalizzazione può essere stabilita solo sulla base di una corretta e chiara definizione dei rispettivi ambiti di attività. Chiarisce, sul punto, Carlo Russo: “la prima, in generale, formula la strategia dell’azienda nel breve, medio e lungo periodo, approvando i piani strategici industriali. Il consulente al suo interno ha il compito di monitorarli in tutto il processo d’internazionalizzazione, affiancando lo stesso CdA e indirizzandolo in tale percorso, per rafforzare e per migliorare la presenza dell’azienda nei mercati internazionali”.

Nel caso di specie delle aziende con una governance di tipo familiare, all’interno delle quali i direttori esterni non sempre sono in grado di controbilanciare una naturale avversione al rischio della proprietà, la principale causa frenante allo sviluppo del business è rappresentata proprio da un mancato supporto e da una insufficiente comprensione dei rischi e delle opportunità.

Appare del tutto evidente la necessità di aprire la governance dell’impresa a risorse ed a figure professionali, che già operano nei mercati esteri e che possono intraprendere delle politiche di espansione, agevolando un dialogo tra le diverse figure, in vista di una valutazione dei rischi, e bilanciandone le spinte non in modo soggettivo, ma con numeri alla mano.

Il CdA non rappresenta solo il luogo in cui convergono gli interessi degli azionisti e si esprimono le volontà, ma anche una importante riserva di competenze ed expertise all’interno della quale si instaura una virtuosa sinergia tra amministratori indipendenti e non.

È bene precisare che è sempre la maggioranza del CdA a prendere le decisioni e quanto fin qui illustrato non sta a significare la necessità di affidare al consulente dell’internazionalizzazione le chiavi dell’azienda, ma semplicemente di accogliere nella “stanza dei bottoni” una figura con un profilo professionale specialistico, capace di influenzare positivamente il processo decisionale.

Precisa sul punto, ancora una volta, Carlo Russo: “la fiducia è fondamentale per tutte quelle imprese che vogliono crescere e, oggi, non è più pensabile fare tutto da soli: l’imprenditore che non delega è destinato a non sviluppare l’azienda, né a ingrandirsi e ad estendersi”.

La complessità del panorama economico attuale rende impellente la necessità di ripensare la struttura del consiglio di amministrazione delle PMI, aprendole all’apporto di consulenti indipendenti portatori di competenze settoriali e tecniche.

Da questo scenario deriva anche il bisogno di una selezione rigorosa della figura del consulente che sia portatore di un effettivo valore aggiunto e di un solido bagaglio professionale e di competenze.

Oltre che da una precisa conoscenza del target aziendale, dei prodotti e dei servizi che si vogliono esportare, il processo di internazionalizzazione deve essere guidato da una profonda comprensione del mercato di riferimento e delle sue dinamiche commerciali, che può portare a capire che un paese che si riteneva strategico, in realtà, non lo è, così come determinati prodotti non lo sono per quel tipo di realtà. Diventa, quindi, importante cambiare metodologia, cercando di comprenderlo prima di effettuare importanti investimenti di denaro e di risorse.

Un CdA che vanta la presenza di un esperto al suo interno può avere, in anticipo, un quadro chiaro della situazione che funga da bussola e che orienti, quindi, i passi dell’azienda, facilitandone la monetizzazione e il successo delle strategie di espansione su mercati esteri. Per questo motivo è essenziale scegliere una figura professionale capace di disporre un complesso ordinato di azioni, di instaurare rapporti con le Istituzioni locali, di muoversi con competenza e di monitorare, nel rigoroso rispetto della normativa, le dinamiche decisionali.

Fonte: SportelloPMI

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